La narrativa non ci dice qualcosa che non sappiamo,
ci dice qualcosa che sappiamo,
ma non sappiamo di conoscerlo.
(Walker Percy)
In vita. Tutti respiriamo. E tutti raccontiamo. Acca ventiquattro. Trecento65 dì + notte. Anno dopo anno.
Questo è quanto. Lo sappiamo fare. Lo impariamo a fare. Ogni essere umano sul pianeta Terra ne è capace.
E per raccontare si intende con la voce e con il corpo.
Raccontare è entrare in relazione. La relazione è ciò che dà gli innumerevoli sensi alla vita.
“Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla.”
Alessandro Baricco in “Novecento”.
La respirazione è ciò che ci permette di vivere.
La narrazione è ciò che ci permette di con-vivere. Con gli altri. Tutti gli altri.
Raccontare è con-dividere. Ma anche con-moltiplicare. Elevare a potenza la qualità della nostra esistenza dando significati alle nostre esperienze e regalandoci l’irresistibile voglia di esprimerle a qualcuno che si offra all’ascolto.
Un buon narratore è anche un buon ascoltatore. Ed anche un buon associatore di immagini, di scenari, di panorami mentali. Ogni parola e frase che ascolta manifesta immediatamente connessioni e collegamenti con fotografie che gli compaiono in mente. Quindi mentre ascolta si allena anche a comporre ciò che gli è stato narrato. Configura e ne fa un montaggio. La narrazione che viene raccontata, nello stesso momento in cui viene ascoltata, assume immediatamente un’altra forma. Non è più la stessa. È un processo inevitabile e affascinante. Tutto muta, tutto si trasforma. La parola in sé è polisemantica ed anche polifigurativa. Si possono naturalmente rintracciare tutti i collegamenti, le somiglianze ma il tratto delle due stories, quella raccontata e quella ascoltata, è e rimarrà sempre invariabilmente personale e unico.
Eppure ci comprendiamo. Anzi c’è di più. Le stories ci fanno avvicinare gli uni agli altri. Stimolano e innescano la nostra empatia.
E l’empatia crea relazioni. E le relazioni generano idee e valore. Dunque idee di valore. E quindi nuovo slancio ai rapporti.
Ed è proprio questo il punto di cui volevo parlare: il rapporto.
Il rapporto che intercorre e che esiste tra story & telling indissolubile e fertile proprio perché è un circolo che si alimenta reciprocamente.
La story è il contenuto della cornice narrativa e il telling è la voce che si dà alla story. È la messa in atto, la messa in scena della story intesa come racconto. È dunque l’atto di raccontare.
Ed è anche naturalmente il come racconti la story, quella story.
È necessaria a questo punto una precisazione: la scienza della narrazione, la narratologia, distingue il termine storia dal termine racconto.
Secondo Gerard Genette, uno dei maggiori rappresentanti della Scienza narratologica, è importante e utile distinguere all’interno dell’analisi di un testo narrativo la differenza che intercorre tra i termini storia, racconto e narrazione.
La storia è il significato del testo, il racconto è il testo stesso mentre la narrazione assume un significato più ampio indicando propriamente “l’atto narrativo produttore” cioè l’aver scritto e prodotto il racconto e la situazione in cui il racconto stesso si svolge.
Alla luce di queste precisazioni possiamo dire che StoryTelling assume il significato di “far conoscere raccontando” o come ci ricorda Andrea Fontana, il più rilevante esperto di Corporate Storytelling in Italia: “Comunicare attraverso racconti”.
Lo Storytelling dunque traduce, trasforma, disegna e configura accadimenti, fatti, eventi in un linguaggio narrativo che per sua natura riesce ad arrivare all’interlocutore con maggiore e migliore efficacia perché capace di produrre e provocare immedesimazione, ispirazione, empatia ed emozione.
Il connubio indissolubile tra story e telling è determinato dal rapporto, dalla fusione di talento e tecnica. Di iperbole e semplicità. Di essenzialità e di ricchezza lessicale. È forma e contenuto confezionati in stile casual ed elegante nello stesso tempo. È struttura e agilità al contempo. Capacità di arrivare ed anche di rimanere. Rimanere nella mente il tempo giusto. Per non risultare invadente e appiccicoso. È intenso ma anche delicato. Non forza a fare nulla se non a godere dell’esperienza. Fa venire voglia di immergersi ancor di più nella storia intesa come dicevamo quale significato del racconto. Stimola a porsi domande nel senso di interesse e curiosità per approfondire un po’ le questioni. È armonia di sensi plurimi, riesce a toccare a più livelli. È sinestesia dunque coinvolgente a vari livelli e strati percettivi.
È arte della narrazione.
Lo storytelling è una visione del mondo. Ma anche dà una visione del mondo.
Altresì si consegna al mondo del lettore e lascia che sia lui a dare la propria interpretazione.
Ma lo storytelling ha il proprio focus, il proprio obiettivo e lo raggiunge giacchè non è mero talento stilistico della comunicazione ma architettura e design solidi e ben radicati. È fondato sulla ricerca minuziosa di materiale, sul saper porre le domande giuste per far emergere le tematiche calde e centrali, è organizzato su una progettazione chiara e versatile. È dotato di strumenti opportunamente miscelati e disposti per costruire il racconto, la storia e la narrazione.
Con lo storytelling si individua il significato che si vuole far emergere e lo si veste con cura e gusto per riuscire a valorizzarne sia il lato estetico che il lato contenutistico.
È ricerca dell’alchimia narrativa che possa comunicare facendo sentir parte del racconto coloro che lo incontreranno.
È l’Arte di comunicare dando valore e significato alle imprese delle persone.
È l’impresa di chi tenta costantemente di creare legami e rapporti con chi crede fortemente che tra le righe ci sia sempre qualcos’altro da scoprire.
Categorie:Storytelling
“La narrazione è ciò che ci permette di con-vivere. Con gli altri. Tutti gli altri”.
Oggi ho iniziato la mia giornata leggendo questo articolo e sono rimasta colpita dall’assonanza “respiro- narrazione”
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